ChicaVQ 3.1

 

Chiusa parentesi 23 Agosto 2003

Filed under: Cose mie — chicavq @ 17:45

 Una e mezza del pomeriggio, salgo in macchina per andare al lavoro. Fa caldissimo, abbasso i finestrini, spalanco le portiere, aspetto che la temperatura scenda un pochino prima di partire. Guardo nella tasca laterale della portiera, il coniglietto di pelouche nero e senza nome che é la mascotte della macchina e vicino a lui, un po’ più piccola, la mucchina che mi ha regalato Ilaria. Penso che dovrei appenderla allo specchietto retrovisore, ma non mi decido perché avrebbe un detestabile aspetto da mucchina impiccata e poi il coniglio resterebbe solo nella tasca insieme a qualche cassetta che non ascolto mai, e intanto frugo e tiro fuori le cose per fare un po’ d’ordine. Non é la prima volta che lo faccio, ma oggi vedo un foglietto che non avevo mai visto. So immediatamente cos’é, riconosco al volo quella grafia disordinata e quell’inchiostro verde. Leggo le righe fitte fitte, l’intensità di quelle parole e di quello che significano mi colpisce come una lama di ghiaccio dritta nello stomaco. Perché quel foglietto é lí da mesi, e io non l’ho mai trovato. A dirlo non ci si crede, che se va bene é lí da Natale e se é come credo é lí da molto di più, dalla fine dell’estate scorsa, forse. Finisco di leggere, lo leggo di nuovo, e poi ancora, cerco di pensare a quando é stato scritto ma é una considerazione laterale sulla quale non riesco a concentrarmi. Resto seduta nella macchina rovente, con le portiere spalancate, il mascara mi riga la faccia e penso a quant’é stupido trovare dopo mesi qualcosa che appartiene ad un momento ormai chiuso, a ricordare cose a cui non vuoi pensare. Metto in moto e parto, il volante é bollente e mi scotta le mani, accendo il condizionatore al massimo ma lascio i finestrini giù, accendo la radio, ci sono i thrills, mi piace questa canzone, penso, alzo il volume fino ad assordarmi, ma va bene perché non voglio pensare e la musica mi distrae ed é una canzone che appartiene ad oggi e non mi ricorda nulla, e intanto sento nella testa pezzi di altre canzoni, negli occhi mi passano rapidi flash come fotogrammi di una pellicola usurata e spezzata dal tempo e dalla fatica e dal dolore e dalle incomprensioni, io che mi sveglio e lo trovo lí appoggiato su un gomito che mi guarda, i gusci dei ricci di mare che si tuffava a prendere per me, la sua barba morbida contro la quale mi strofinavo, le sue mani dalle dita lunghe e nervose. E’ facile non ricordarsi della durezza che usa per proteggersi proprio da quello che lo coinvolge di più, del pudore assoluto per i suoi sentimenti, della sua apparente impermeabilità alle cose e alle situazioni e alle persone. E mi dico che é stupido farsi tanto male, perché allora non c’é nulla che abbia senso. 

 

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